Il Foglio, Picciridda
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Picciridda è Lucia, protagonista assoluta del romanzo d’esordio di Catena Fiorello. Siamo nell’Italia degli anni ’50 e ’60, nel periodo della depressione. Lo sguardo è rivolto ai bambini, molti dei quali vengono affidati ai nonni o agli zii mentre i genitori emigrano in cerca di fortuna: un lavoro stabile per mettere da parte il denaro per realizzare il sogno di una casa di proprietà, e forse qualcosa di più…
Ma mentre i genitori attendono un futuro lontano, c’è un’altra attesa che si consuma: quella di un ritorno, piena di lacrime, nostalgia e speranze indicibili.
Molti di questi bambini non hanno mai potuto raccontare la difficoltà di convivere con persone che non fossero i loro cari, la solitudine, aspettando una carezza che non arrivava mai e il profondo senso di disagio nel guardare le famiglie «normali». Poche, inoltre, sono le informazioni che abbiamo di una generazione che ha subito e vissuto sulla propria pelle le difficoltà economiche di quegli anni, anche quando si parlava di boom, che in certe parti dell’Italia non è mai arrivato. Come se gli emigrati siano stati un buco nero nella società, in un Italia che non ha mai saputo riconoscere il loro valore.
Lucia in questo contesto diventa l’emblema involontario di una generazione che attraverso il sacrificio riesce a emanciparsi: persone semplicemente sfortunate a cui restituisce con forza orgoglio e coscienza.